Il mio addio al Professor Umberto Eco
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Ho scoperto lo
scrittore Umberto Eco quando studiavo per l’esame di “Storia dell’architettura II”
del corso tenuto dal professor Renato De Fusco, studioso di semiologia dell’architettura
ossia studio dei segni come strumenti di lettura dello spazio architettonico; scoprii
il semiologo della lingua italiana, appunto il professor Umberto Eco e la sua
passione per la letteratura medioevale , mi appassionai al punto di seguirlo in
tutta la sua bibliografia, dai romanzi ai saggi, dalle raccolte ai testi di storia della
bellezza e bruttezza.
Oggi , grazie
alle nuove forme di comunicazione da lui tanto apprezzate , ho potuto assistere
a suoi convegni, seminari, presentazioni o ospitate a programmi televisivi riproposti
sulla rete. Proprio in uno di questi incontri il grande scrittore descrive e
analizza le tecniche di scrittura e di gestazione dei suoi romanzi. Ne ho
riproposto dei brani.
“ Io odio
il nome della rosa” cosi esordiva il professor Umberto Eco ad una
Lectio Magistralis tenuta nel 2011. “Di romanzi ne ho scritti sei, gli ultimi
cinque sono più belli, ma per la legge di Gresham quello che rimane famoso è
sempre il primo”.
Alla domanda
su come scrive un romanzo egli cita “i miei romanzi sono nati da un’idea
seminale, poco più di un immagine, che mi ha preso e mi ha fatto venire voglia
di andare avanti”. “Il nome della rosa è nato dall’immagine dell’assassinio di
un monaco mentre leggeva un libro in una biblioteca, partite forse da alcune
emozioni provate a sedici anni durante un corso di esercizi spirituali in un
monastero benedettino, dove passeggiavo per chiostri gotici e romanici, poi
entravo un una biblioteca ombrosa dove su un leggio avevo trovato aperto gli
acta sanctorum. Si vede che mentre sfogliavo quell’infolio
aperto verticalmente avanti a me tra lame di luce che entravano dalle vetrate
opache quasi scanalate nelle pareti che terminavano in sesti acuti,ho avuto un
momento di inquietudine”.
“ Con
il Pendolo di Foucault, la cosa è stata più complicata: l’immagine seminale era
doppia, e sono andato a cercarmela come uno psicanalista che tiri fuori a poco a poco il segreto dal paziente da
alcuni ricordi sconnessi e frammenti di sogni…
….Mi
sono balenate due immagini. La prima era quella del pendolo, che avevo visto
trent’anni prima a Parigi e mi aveva impressionato talmente che ci tornavo
sovente. La seconda immagine era quella di un ragazzo che suonava la tromba a
un funerale dei partigiani. Quel ragazzo ero io, l’episodio era realmente
accaduto, lo ricordavo continuamente , e avevo scoperto che raccontarlo serviva
a conquistare le ragazze…mi sono detto il romanzo è li, si parte dal pendolo e
si arriva alla tromba al funerale dei partigiani. Si ma cosa ci metto in mezzo?
Calma, ci sono voluti otto anni e il romanzo è venuto fuori.
Perché
succede questo: si sceglie un personaggio , una situazione e lo metti li, dopodiche’ puoi sederti in
poltrona a limarti le unghie, il personaggio va avanti per conto suo e non puoi
più fermarlo…”.
Per l’isola
del giorno prima il riferimento è stato la linea immaginaria internazionale di
data, che equivale al 180° meridiano, segna l’origine di una nuova data e dei relativi
fusi orari che vanno da est verso ovest “…è stata una folgorazione. Il mio naufrago
doveva stare ad ovest di quella linea , vedere un isola ad est , lontana non
solo nello spazio ma anche nel tempo, perché era il giorno prima. Di li a
decidere che non doveva stare su un isola ma di fronte all’isola il passo era
breve: ecco l’idea un uomo naufragato su
una nave deserta , li Defoe non c’era arrivato e potevo fregarlo!” .
“… se
racconto una storia di un posto devo esserci stato…continuando a sfogliare l’atlante
mi sono accorto che quella linea passava attraverso l’arcipelago delle Fiji …si
sono profilate altre tracce, altri scrittori, altri libri (di riferimento) ed ero già nel pieno seicento, il secolo in
cui si cominciavano ad infittire i viaggi di esplorazione nel Pacifico e di li
il ricordo di tante mie frequentazioni nella cultura barocca… a quel punto il
romanzo poteva camminare da solo. “
Addio Professor Eco
di G.Manna
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